mercoledì 30 luglio 2008

Pino Daniele e il suo concerto a Napoli, le ragioni del ping pong sulla location che avrebbe ospitato la data nel capoluogo campano sono diventate esse stesse oggetto di una nuova forma di fenomenologia del tormentato vuoto che tiene in vita il dibattito kulturale di questa città. PINO DANIELE VAI MO' 2008 Live



A destra il manifesto che a ha annunciato per un mese la data napoletana allo stadio San Paolo di napoli



Avrei continuato ad astenermi da questa gara a freccette sul "Traditore neo-forzista", termine con cui il musicista è stato forgiato a fuoco dalla stampa locale a nazionale, se non fosse venuto a stuzzicarmi il punto di vista di Willy David, noto e apprezzato produttore e manager musicale della scena  della fine degli anni settanta.



David sul foglio napoletano della Repubblica di oggi 13/07, in sintesi, sostiene che Daniele ha perso l'occasione per dimostrare di essere quel *portavoce di una città* da cui ha tratto un'identità regalatagli dal grande successo del progetto che da "Vai Mò" del 1982 sin al termine del sodalizio tra il manager e il musicista gli ha affidato la fortuna critica su cui Daniele campa ancora di rendita.



David è un uomo il cui talento ed esperienza sono da valutare con attenzione non solo per l'antico sodalizio ma per il senso di /progettualià /che aveva saputo infondere ai risultati di quel prezioso ed irrepetibile periodo di grande prestigio artistico di Daniele.



Io sono un appassionato - non un fan, termine che mi preoccupa ed impesierisce per la mancanza di pathos sostituito da una inconsapevole fede - e conosco molto bene tutto il periodo che parte da "Terra Mia" e si conclude con "Bonne Soirèe". Con qualche sporadica visita a rivisitazioni live o da studio al repertorio degli anni ottanta.



Considero quindi i primi tre album, *"Terra mia", "Pino Daniele" e "Nero a Metà"* (1977/80), tre pietre miliari del repertorio di Pino che in continua ascesa compositiva coglieva il senso della sua strada artistica e della sua identità di creativo dosando tutte le sua fonti d'ispirazione - tradizione napoletana, blues, jazz, rock e pop internazionale - in una miscela iridescente di innovazione, irriverenza, calore, poesia assolutamente inconsueta e totalmente inedita per la storia della canzone italiana degli anni ottanta.



Ma quando usci *"Vai mò"* (1981) che tra l'altro sto riascoltando proprio mentre scrivo, pubblicò un album e poi altri cinque in successione - "Bell'mbriana", "Musicante", "Ferry Boat" e "Bonne Soirèe" più il bellissimo "live Sciò" (1982/1987) - che mi facevano pensare di non dovere cercare per forza un grande musicista all'estero perché erano questi ad essere attratti dal genio di un autore italiano.

E poco m'importava di questo orgoglio italiano perché la sua musica aveva moltiplicato i miei interessi avvicinandomi e permettendomi di approfondire la conoscenza di tanti altri artisti lontani dai miei gusti.



L'ho visto e sentito dal vivo in due sole occasioni durante dal tournée di "Nero a metà" perché tutti a scuola avevamo quell'album, perennemente in classifica e a Bologna nel 1983, credo, al ritorno dall'Olympia di Parigi dove era stato accolto, così raccontava almeno la stampa, con un trionfo degno dei più stimati protagonisti della scena internazionale.

Il concerto a Bologna fu strepitoso, enorme, potente, l'apice di una stagione a partire dalla quale poteva accadere molto.

Io so che era uscito Ferry Boat ed erano venuti a trovarmi due amici canadesi e se ne portarono una copia (registrata) a casa poi la sperimentazione si chiuse con un grande invenduto "Bonne Soirèe" ma a mio giudizio un album di forti proposte poliritmiche e di affascinante ricerca linguistica internazionale.



Si rimprovera a Pino Daniele di avere lanciato la pietra dell'accusa ma di avere ritirato la mano, di avere frettolosamente chiuso molti importanti rapporti spesso in maniera infelice, di avere preso decisioni molto orientate alla svendita commerciale del suo brand come si dice oggi, di nutrire o avere coltivato passioni ed interessi ideologici contrastanti tra di loro, ma sinceramente credo i suoi presunti detrattori - magnager, orchestrali e politicastri di tutte le ore - si lamentino con lui della stessa sindrome che colpisce le figurine  che attorniano  "Don Giovanni" di Mozart.

Non appena il narciso viene trascinato all'Inferno dal Convitato di Pietra, tutte le sagome che lo avevano condannato, spariscono dalla scena per sempre, mentre l'eco del malfattore trionfa in attesa della sua resurrezione.



Perché un Artiste dovrebbe "far rivoluzioni, con le canzoni?

Perché Daniele dovrebbe dar vita a progetti Per La Propria Città se non ci crede?

Perchè un Artista dovrebbe sostituirsi al ruolo dei politici
? Un Artista può cantare un atto di accusa violento, averne l'autorevolezza, ma se non vuole a lui o lei non spetta alcunché!



L'Arte è un laboratorio continuo di offerte che possono generare contraddizioni, dibattiti, incursioni (questo è il Ruolo dell'Arte), ma non deve essere confuso con le responsabilità civili e politiche di chi viene eletto per fare un altro mestiere per la cittadinanza.



Chi sostiene il contrario nutre dei rancori personali che farebbe meglio ad affrontare con "il Fumista" che sorregge l'Artista.



Pino Daniele poi non suona più decentemente da molto tempo, ha una voce da eunuco da tanti anni, David gli ha detto che l'ultimo cd non gli piaceva io aggiungo che faceva pena a dir poco e lui, presuntuosamente, si offende. Canta "Che Dio ti benedica, che fica" ed invita D'Alessio a cantare sul palcoscenico. M'imbarazza, ma dinanzi al Lodo Alfano/Schifani e alla recessione italiana mi pare proprio un /non problema/.



Credo che questa operazione gli serva per coprirsi qualche debito con le case discografiche, le banche e qualche organizzazione a cui dovrà denaro per tournée poco remunerative.

O forse gli piace vivere dannatamente bene.Fatti suoi..



Grazie comunque per gli anni d'oro, per la gioia che quelle canzoni ancora vive e attuali mi danno e tanta felicità per gli anni a venire.

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