sabato 14 novembre 2009

Mono o stereo? Parte 1 - considerazioni sui remastered dei Beatles

di Mauro Boccuni


Alla fine rimane solo il piacere eterno di risentire in ogni tipo di foggia il repertorio musicale che i Beatles hanno eseguito in soli otto anni di sfolgorante carriera musicale.

Ho voluto in tal modo "siglare" questo mio commento al "dibattito mono vs stereo" perché in realtà l'argomentare è finemente accademico.


Cioè risponde, ad esempio, a quesiti di ordine tecnologico che riguardano il suono registrato e la sua riproduzione su supporto, la risposta dinamica del master mono/stereo ottenuta dai primi master analogici e convertiti in digitale nel 1987 (la prima edizione in cd del catalogo inglese) rispetto a quelli attuali.


Ma l'argomentazione risponde anche a curiosità feticistiche proprie dei fan(atici) di ogni latitudine geografica riguardo a dettagli di chitarre, count in, scattarate o altre inutilia di produzione inaudibili o inauditi precedentemente.


E ancora: il sound del rock è migliore se rivela "energia brutale" e/o se coglie dall'offerta tecnologica stereofonica (o più recentemente il formato 5.1 o il 7.1) la possibilità di espandere i propri confini e misurarsi con differenti percezioni delle performance delle leggende musicali del 20° secolo?


La Tecnologia e il suo uso sono una componente chiave del processo circolare
(multidimensionale direi) e, sostanzialmente imprevedibile negli sviluppi, della creatività umana.


Facendo un esempio semplice, semplice:
  1. tu hai una chitarra acustica,
  2. senti musica e vuoi riprodurla per diletto,
  3. scopri che ti diverte fare composizioni in linea con quel genere
  4. vedi da un amico un'evoluzione del tuo strumento ( una chitarra synth) ed espandi le potenzialità,
  5. arrivi addirittura a pensare modifiche allo strumento basate sulla tua esperienza di creativo (e qui dipende quanto SEI creativo :)) ).
Per esser però più in linea con il mio ragionamento iniziale avrei dovuto attenermi all'identità del Rock associata sin dai suoi primi vagiti al rapporto vincolante tra media (supporti discografici, media di massa e linguaggi sociali) , musica e stardom.


Questa è la prospettiva più corretta perché la percezione del valore sociale di questo genere musicale nasce ed è alimentato, a differenza di quello che era accaduto per gli idoli delle generazioni degli anni fine anni '40 fino alla metà '50, da una diversa filiera comunicativa.


Il ruolo della radio e del DJ radiofonico, l'affermarsi del microgroove a 45 giri con pezzi della durata non superiore in media ai 2':30" impongono un format, fast aggressivo e ribelle nel Sound. basato sul consumo rapido e sulla fidelizzazione ai significanti di gruppo.


In pratica il vinile a 45 giri diventa il nuovo simulacro della liturgia di libertà officiata dal Rock e dai suoi sacerdoti.


Quindi esaminando le cose dal punto di vista di una rock band degli anni sessanta, un tipo di musicisti che dava per scontata la dipendenza della propria identità dal mezzo/supporto DISCO, la produzione in sala di registrazione avrebbe presto rappresentato il campo sul quale veniva giocata tutta la propria reputazione artistica.


Quindi dopo tutta questa dissertazione, MONO o STEREO?


La questione è necessariamente storica da un lato per mettere al bando inutili revisionismi, poi assume caratteri di natura estetico/percettivi e poi approda a noi con i remastered dopo cinquanta anni con venature esegetiche.


Ma per evitare che il post sia troppo lungo, ne espongo le mie riflessioni su uno di prossima pubblicazione.


Tanto si sa già come la penso :D.

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