martedì 8 dicembre 2009

I luoghi della musica - La rete come materializzazione del No time, No space

Se penso a quando Eduardo De Filippo reinventò le sue commedie per il linguaggio televisivo, posso pensare al salto che ancora pochi hanno fatto cercando di vivere solo con e nella rete.
Provando quindi in ulitma istanza a produrre un linguaggio di rete.

Cosa sia non lo so neppure io esattamente e forse ci vorrebbe un novello Manuzio o un fantasioso Eduardo a permettersi il salto cognitivo a cui avrebbe diritto il repertorio artisticose solo non ci limitassimo ad addebitare alla rete il principio dell'efficienza, l'illusione del tutto-e-subito e per finire la replica delle pessime abitudini della società "reale" che la manovra e solo, in parte, la abita.

Nel passato ci hanno provato molti artisti con i cd rom multimediali dove era possibile rimixare i brani.
Peter Gabriel è stato il primo e l'unico a provare strade diverse cercando di abbinare in "EVE" del 1995 attraverso la pratica del mix la confluenza dei linguaggi visivo e musicale.

Jovanotti suggerì in Tamburo di abitare la nascente rete.

Ma io invece mi chiedo una cosa diversa: se il luogo dove vivere fosse proprio internet dove oggi si può lavorare, comprare, avere un conto bancario e trovare anche un'anima gemella, perché non potremmo pensare a realizzare un tipo d'arte nativa della rete, già multidisciplinare e di ispirazione collettiva?
Potrebbe essere un flusso espressivo svincolato dalla dicotomia tra produzioone e sua successiva rappresentazione perché già compresenti nella sua edizione.
Arte potrebbe cessare di essere una merce di scambio e potrebbe essere un linguaggio per coabitare le architetture della rete attraverso i volumi di flusso con cui vengono illustrati gli scambi tra le identità di questa realtà senza tempo e senza spazio.
Arte potrebbe essere espressione viva della vita, della relazione tra i performer del sistema.
Potrebbe assumere una funzione istituzionale, di guida normativa, così come potrebbe pilotare le trasformazioni geografiche della virtualità.
Un qualcosa di simile ad un trip di acido permanente in cui la performance si identifica con la realtà.

Se penso a questa domensione devo anche citare l'esperienza di Tasmin Little e anche quella dei R.E.M.
La prima ha messo il disco "The naked violin" in download  gratuito, raddoppiando le esibizioni dal vivo.
I secondi misero anche loro l'ultimo album in download gratuito con un'eventuale offerta. Poi sono passati alla vendita tradizionale.

Ma il problema ripeto non è la modalità di commercializzazione bensì la perdita di interesse nei confronti del bisogno musicale trasferito al fenomeno che per sua natura è temporaneo, caduco, partorito dai media.

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